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DI MANLIO DINUCCI ilmanifesto.it
Mons. Vincenzo
Pelvi (nella foto), arcivescovo ordinario militare e direttore della rivista
dell'Ordinariato «Bonus Miles Christi» (il Buon Soldato di Cristo), prova
«amarezza e disagio» di fronte a «chi invoca lo scioglimento degli eserciti,
l'obiezione contro le spese militari». Questi miscredenti non capiscono che «il
mondo militare contribuisce a edificare una cultura di responsabilità globale,
che ha la radice nella legge naturale e trova il suo ultimo fondamento
nell'unità del genere umano». Dall'Afghanistan alla Libia, «l'Italia, con i suoi
soldati, continua a fare la sua parte per promuovere stabilità, disarmo,
sviluppo e sostenere ovunque la causa dei diritti umani». Il militare svolge
così «un servizio a vantaggio di tutto l'uomo e di ogni uomo, diventando
protagonista di un grande movimento di carità nel proprio paese come in altre
nazioni» (Avvenire, 2 giugno 2011).
Mons. Pelvi prosegue così la
tradizione storica delle gerarchie ecclesiastiche di benedire gli eserciti e le
guerre. Un secolo fa, nel 1911, nella chiesa pisana di S. Stefano dei Cavalieri,
addobbata di bandiere strappate ai turchi nel Cinquecento, il cardinale Maffi
esortava i fanti italiani, in partenza per la guerra di Libia, a «incrociare le
baionette con le scimitarre» per portare nella chiesa «altre bandiere sorelle» e
in tal modo «redimere l'Italia, la terra nostra, di novelle glorie». E il 2
ottobre 1935, mentre Mussolini annunciava la guerra di Etiopia, Mons. Cazzani,
vescovo di Cremona, dichiarava nella sua pastorale: «Veri cristiani, preghiamo
per quel povero popolo di Etiopia, perché si persuada di aprire le sue porte al
progresso dell'umanità, e di concedere le terre, ch'egli non sa e non può
rendere fruttifere, alle braccia esuberanti di un altro popolo più numeroso e
più avanzato». Il 28 ottobre, celebrando nel Duomo di Milano il 13° anniversario
della marcia su Roma, il cardinale Schuster esortava: «Cooperiamo con Dio, in
questa missione nazionale e cattolica di bene, nel momento in cui, sui campi di
Etiopia, il vessillo d'Italia reca in trionfo la Croce di Cristo, spezza le
catene agli schiavi. Invochiamo la benedizione e protezione del Signore sul
nostro incomparabile Condottiero».
L'8 novembre, Mons. Valeri,
arcivescovo di Brindisi e Ostuni, spiegava nella sua pastorale: «L'Italia non
domandava che un po' di spazio per i suoi figli, aumentati meravigliosamente da
formare una grande Nazione di oltre 45 milioni di abitanti, e lo domandava a un
popolo cinque volte meno numeroso del nostro e che detiene, non si sa perché e
con quale diritto, un'estensione di territorio quattro volte più grande
dell'Italia senza che sappia sfruttare i tesori di cui lo ha arricchito la
Provvidenza a vantaggio dell'uomo. Per molti anni si pazientò, sopportando
aggressioni e soprusi, e quando, non potendone più, ricorremmo al diritto delle
armi, fummo giudicati aggressori».
Nel solco di questa tradizione, don
Vincenzo Caiazzo - che ha la sua parrocchia sulla portaerei Garibaldi, dove
celebra la messa nell'hangar dei caccia che bombardano la Libia - assicura che
«l'Italia sta proteggendo i diritti umani e dei popoli, per questo siamo in
mezzo al mare» (Oggi, 29 giugno 2011). «I valori militari - spiega - vanno a
braccetto con i valori cristiani». Povero Cristo.
Manlio
Dinucci Fonte: www.ilmanifesto.it 4.10.2011 |
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