“Vent’anni dopo il messaggio
di Don Peppe è ancora attuale”
di Don Peppe è ancora attuale”
La parrocchia di Casal
di Principe ha deciso di distribuire il documento vergato da Don Diana nel
Natale 1991 in cui tuonava contro la politica e le collusioni con la Camorra.
Quel testo fu fra le cause della sua uccisione nel marzo
1994
A Natale di vent’anni fa, don
Giuseppe Diana pubblicava il documento: “Per amore del mio popolo”. La curia di
Casal di Principe lo distribuirà il 25 dicembre prossimo al popolo dei fedeli
proprio come quel Natale del 1991. Lo farà per riannodare il filo della memoria
con un martire della Chiesa, ma anche per indicare una via d’uscita a quanti
ancora oggi sono imbrigliati nella rete dell’illegalità e della violenza. Quel
documento, che è di un’attualità straordinaria, fu una delle cause della
uccisione di don Diana per mano della Camorra, avvenuta il 19 marzo del 1994. Il
parroco della chiesa di San Nicola di Bari di Casal di Principe tuonava contro
la politica e le sue collusioni con la camorra. Puntava il dito contro la sua
chiesa che non parlava con voce chiara. Denunciava la presenza di
un’imprenditoria collusa e corrotta. Ma lo faceva quasi in solitudine, in un
clima di violenza diffusa che ha prodotto decine e decine di morti. Don Peppino
credeva nella “forza della parola”. La usava per spiegare, convincere e
disarmare i giovani che erano affascinati dalla violenza camorristica. Alzava la
voce per difendere la parte più debole del suo popolo. L’amore per la sua gente
e la sofferenza di tante famiglie lo aveva spinto ad uscire dalla sagrestia per
cercare di impedire a tanti giovani di percorrere i sentieri che portavano
direttamente alla morte. E per questo era diventato il simbolo del riscatto
della propria terra. Non glielo hanno perdonato. Ha pagato con la vita il
coraggio di ribellarsi.
“La Camorra oggi é una forma di
terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente
endemica nella società campana”. Scriveva don Diana in quel documento del 1991.
Fotografava la vita nelle contrade del suo territorio con una chiarezza unica:
“I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili:
estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate,
assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per
cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più
temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze
stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a
disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si
abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone;
esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e
propri laboratori di violenza e del crimine organizzato”. Conosceva fin troppo
bene la sofferenza di tante mamme che temevano di vedere distrutte le vite dei
propri figli. Perciò scriveva: “Siamo preoccupati. Assistiamo impotenti al
dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o
mandanti delle organizzazioni della camorra”. Era consapevole che la Chiesa deve
svolgere un ruolo di primo piano nel costruire la speranza. Perciò parlò con le
parole dei Profeti. Utilizzò le parole di Ezechiele per richiamare la denuncia.
Le parole di Isaia per guardare avanti. Le parole di Geremia per richiamare la
Giustizia sociale” e la “Genesi” per vivere nella solidarietà.
La politica la metteva sul banco
degli accusati: “E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili
ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La
Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni
periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra
rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però
di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale”. Si appellò
soprattutto ai suoi confratelli, ai Cristiani, al popolo di Dio, per aprire un
varco nei clan della camorra che nel 1991 apparivano, nonostante le divisioni,
come un unico monolite di violenza. Si appellò soprattutto al Popolo di Dio e ai
sacerdoti:
“Ai preti nostri pastori e
confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle
occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. (…) Tra qualche anno,
non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti
lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del
nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento
circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e
veleno”.
E’ stato ucciso per quello che ha
scritto. Ma il suo sangue è stato il seme che ha dato buoni frutti. Ora, il
territorio che in tanti conoscevano come il regno della camorra, sta cambiando
pelle grazie anche al suo martirio e sta cambiando anche nome: Casal di Principe
non è il paese di Sandokan, ma è il paese di don Peppino Diana.
Alle 7.30 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, don Giuseppe Diana viene assassinato nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare la Santa Messa. Due killer lo affrontano con una pistola calibro 7.65. I quattro proiettili vanno tutti a segno, due alla testa, uno in faccia e uno alla mano, Don Peppe muore all'istante.
L'omicidio, di puro stampo
camorristico, fece scalpore in tutta Italia. Un messaggio di cordoglio venne
pronunciato anche da Giovanni Paolo II durante l'Angelus.
Don Peppe visse negli anni del
dominio assoluto della camorra casalese, legata principalmente al boss Francesco
Schiavone detto Sandokan. Gli uomini del clan controllavano non solo i traffici
illeciti, ma si erano infiltrati negli enti locali e gestivano fette rilevanti
di economia legale, tanto da diventare "camorra imprenditrice". Il barbaro
omicidio, dicono gli atti processuali, maturò in un momento di crisi della
camorra casalese. In questo periodo, una fazione del clan ordinò l'omicidio di
don Peppe, personaggio molto esposto sul fronte antimafia, per far intervenire
la repressione dello Stato contro la banda che ormai aveva vinto la guerra per
il controllo del territorio. Il suo impegno civile e religioso contro la camorra
ha lasciato un profondo segno nella società campana. Il suo scritto più noto è
la lettera Per amore del mio popolo non tacerò, un documento diffuso a Natale
del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana insieme
ai parroci della foranìa di Casal di Principe, un manifesto dell'impegno contro
il sistema criminale, che probabilmente decretò la sua condanna a morte. Ecco il
testo:
“ PER AMORE DEL MIO POPOLO
NON TACERÒ ”
Siamo preoccupati. Assistiamo
impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente
vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in
Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in
pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti
che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla
prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del
superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino
al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.
La
Camorra
La Camorra oggi è una forma di
terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente
endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in
pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare
sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di
sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che
scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e
lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani
emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri
tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle
famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale
della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine
organizzato.
Precise responsabilità
politiche
E’ oramai chiaro che il disfacimento
delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a
tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle
amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e
favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a
quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga
dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità,
ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un
preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa,
l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le
carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di
tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle
parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione,
di promozione umana e di servizio.
Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.
Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili.
Impegno dei
cristiani
Il nostro impegno profetico di
denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.
- Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
- Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
- Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
- Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.
- Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
- Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
- Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
- Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.
NON UNA CONCLUSIONE: MA UN
INIZIO
Appello
Le nostre “Chiese hanno, oggi,
urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani
pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici
di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò
gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”
Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa;
Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26).
Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”.
Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo - Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata - San Cipriano d’Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta - Villa Literno; M.S.S. Assunta - Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO ).
Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa;
Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26).
Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”.
Forania di Casal di Principe (Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo - Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata - San Cipriano d’Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta - Villa Literno; M.S.S. Assunta - Villa di Briano; SANTUARIO DI M.SS. DI BRIANO ).
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