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domenica 27 febbraio 2011

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Siamo in attesa, ma non si sa di cosa. Deve passare la nottata, ma nessuno sa quanto sia lunga e nera la notte e, in fondo, non ci importa. Dalla nostra fortezza, avamposto in rovina, appartamento di periferia o in centro città, osserviamo l'orizzonte attraverso la malia della televisione. Voci familiari di perfetti sconosciuti ci tengono compagnia ogni sera. Interpretano gli accadimenti alle nostre frontiere e anche i pericoli, e insieme ad essi le soluzioni. Noi, come è ovvio, non ci crediamo più, né ai pericoli, né alle soluzioni. I pericoli sono ben più minacciosi, già dentro i nostri confini, e le soluzioni sono giochi di prestigio di chi non può che perpetuare il proprio potere, non ha del resto scelta. Le falsità di cui ci circondiamo sono troppo evidenti e prolungate, ma quel futuro così minaccioso non si può affrontare ora, con queste miserabili armi, senza una strategia, senza un'oncia, o anche un solo grammo, di coraggio. La fortezza è accogliente, non ci manca nulla a parte la libertà e la conoscenza. L'attesa ci consuma come delle candele, ma il loro calore è sufficiente per rimandare anche il più piccolo esame di coscienza.
Dal deserto che si estende ininterrotto di fronte alle mura, in cui ci siamo rinchiusi per viltà o per scelta, non verrà nessuno, non formidabili e spietati nemici, non amici in nostro soccorso con le armi della democrazia e della libertà, due parole di cui crediamo di sapere il significato, ma che abbiamo mutato, più o meno inconsciamente, in dittatura e servilismo. L'attesa deve durare per sempre, resistere (a chi?) è il nostro unico e vero obiettivo. Il tempo dell'attesa dura da generazioni, una dopo l'altra cancellate come le stelle dalla luce del mattino. Nella fortezza c'è ancora abbastanza cibo, ma i più giovani spesso partono per delle terre straniere senza fare più ritorno. Sono milioni ormai.
La fortezza invecchia insieme ai suoi abitanti e le sue mura cominciano a sgretolarsi, si dice che avvenga per tutte le fortezze, che sia una regola universale, che nessuna fortezza sia eterna, che nessuna attesa sia per sempre. Il muro di Berlino è caduto, e ora le fortezze del Maghreb, una dopo l'altra. Ma è dolce l'attesa, pur con il boato dei primi crolli. Quel nemico, che mai apparirà da territori sconosciuti, siamo in realtà noi, ma è così rassicurante pensarlo diverso, lontano.

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