Tasse, i “santissimi” privilegi del Vaticano
Alberghi, bus e turismo religioso: le attività della Santa Sede esentasse costano allo Stato fino a 3 miliardi l'anno. La denuncia dei Radicali: "Non vogliamo l'ici per le chiese, ma se vogliono fare gli imprenditori allora paghino le imposte come tutti"
Alberghi di lusso con terrazze sulla Capitale, società che organizzano viaggi per i turisti della fede, scuole e ospedali. Tutto esentasse o quasi, grazie ai privilegi di cui gode il Vaticano. La denuncia del segretario dei Radicali italiani, Mario Staderini è chiara: con qualche ritocco alle esenzioni della Chiesa cattolica, lo Stato potrebbe risparmiare fino a 3 miliardi l’anno. Nel mirino del partito radicale, Ici, Ires e 8 x mille.
La legge istitutiva dell’Ici aveva previsto precise esenzioni per gli immobili destinati al culto e ad usi “meritevoli” (come le attività assistenziali, didattiche o ricreative). Nel 2004, la Cassazione ha dovuto precisare che tale dispensa poteva essere applicata solo fino a quando nell’immobile fosse esercitata in via esclusiva una delle attività “meritevoli”. Nel 2007 fu bocciato un emendamento socialista che proponeva di abbattere l’Ici per gli immobili della Chiesa adibiti a scopi commerciali e grazie a un provvedimento del governo di centrosinistra, adesso basta che non siano “esclusivamente dedicati” al commercio. Quindi sono ancora migliaia gli istituti religiosi in Italia che non pagano questa tassa, convertiti in veri e propri alberghi. E non solo. Basta un chiostro dedicato alla preghiera e qualsiasi immobile o attività può dirsi salvo dalla tassa. A pagare, secondo l’Associazione nazionale dei comuni italiani, sono meno del 10 per cento di chi dovrebbe farlo, con un danno erariale di circa 500 milioni l’anno. Il caso che ha fatto più volte parlare è il convento delle suore brigidine, nella storica cornice di piazza Farnese a Roma, diventato uno degli hotel tra i più gettonati dai turisti stranieri. “Per non parlare dell’incompiuto del Bernini a Trastevere – racconta Staderini – dato in concessione a una catena alberghiera che l’ha trasformato in una residenza 4 stelle, Villa Donna Camilla Savelli”.
Tra i privilegi a cui il Vaticano non rinuncia e che i radicali contestano c’è anche l’abbattimento dell’Ires del 50 per cento nei confronti degli enti di assistenza e beneficenza. Per arrivare al contributo dell’8 x mille del gettito Irpef dei cittadini, che supera i 900 milioni l’anno, e viene usato per il sostentamento dei sacerdoti, per interventi caritativi in Italia e nel terzo mondo, per le iniziative nelle diocesi e la nuova edilizia di culto.
“Noi non pretendiamo di rimettere l’Ici sulle chiese – spiega ancora Staderini – ma almeno sulle attività commerciali. Lo Stato, in un momento di crisi come questo potrebbe risparmiare fino a 3 miliardi l’anno e il Vaticano pagare con i profitti ricavati dalle attività come tutti gli altri imprenditori”.
Il turismo religioso viene valutato dai radicali un giro d’affari da 4,5 miliardi euro l’anno solo in Italia (e considerando esclusivamente i servizi di carattere ricettivo e di trasporto). Sono 35 i milioni di turisti che ogni anno partecipano ad attività di turismo di carattere religioso nel nostro paese, il 30 per cento dei quali viene dall’estero, impegnando 120.000 camere, pari al 15 per cento della capacità ricettiva nazionale. In Italia ci sono oltre 200 mila i posti letto gestiti da enti religiosi, per un totale di 3.300 indirizzi, con circa 55 milioni di presenze ogni anno.
Ma gli alberghi non sono l’unica fonte d’introito da turismo per la Chiesa cattolica. L’Opera romana pellegrinaggi, “un’attività del Vicariato di Roma, organo della Santa Sede, alle dirette dipendenze del Cardinale Vicario del Papa”, come si legge nel sito di presentazione, organizza da 75 anni tour per i pellegrini da e per tutto il mondo. Quasi esentasse, nonostante una sede in pieno centro a Roma, in via dei Cestari, e i 7 pullman gialli a due piani che imperversano nelle vie della Capitale, alla cifra di 18 euro a passeggero, noti alle cronache per la denuncia da parte dei lavoratori che venivano pagati in nero.
Il meccanismo, raccontato da Valeria Pireddu, una hostess dei bus di “Roma cristiana” al programma Le Iene, era semplice: lei prendeva un euro su ogni biglietto venduto, quindi non era assunta dal gruppo ma in pratica una libera volontaria. In teoria, invece, avrebbe dovuto emettere fattura anche per i 30-40 euro al giorno guadagnati. Che le avrebbero permesso trasparenza, contributi, ferie, maternità. Naturalmente non compresi nel lavoro che le era stato affidato.
“L’appiglio di Opr alla deroga derivante dai Patti Lateranensi relativa al servizio di trasporto è palesemente non corretto – conclude Staderini – in primo luogo perche le garanzie previste dalla citata legge fanno riferimento ai soggetti che si recano nella Città del Vaticano per finalità religiose, mentre non comprendono le attività di carattere commerciale quale il servizio di trasporto di linea turistica Roma Cristiana. Poi perché il servizio opera sul territorio della città di Roma e solo incidentalmente lambisce il Vaticano, al pari delle altre linee di bus a due piani, di cui ripercorre i percorsi e le fermate”.
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