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martedì 10 gennaio 2012

LA FEBBRE DEL GIOCO
Il settore del gioco legale - da quanto emerge dal dossier di Libera - da lavoro a circa 120 mila addetti e muove gli affari di circa 5000 aziende, grandi e piccole. Il giro d'affari complessivo (71,6 lmld) del gioco legale in Italia equivale al 4% del Pil nazionale. L'Italia, in pratica, si colloca al primo posto in Europa e al terzo nel mondo tra i paesi che giocano di più. Sono dati importanti che confermano la propensione al gioco e alle scommesse di milioni di italiani. C'è sul piano sociale un allarme per l'impatto che il gioco, anche legale, ha sulle persone e sulle famiglie ancor di più in tempi di crisi.

I giocatori a rischio o con dipendenza
Sono due milioni - secondo il Dossier «Azzardopoli» di Libera i giocatori a rischio e 800 mila quelli che hanno una vera e propria dipendenza. «Libera - ha detto Luigi Ciotti - vuole sollecitare, senza evocare scenari di proibizionismo e colpevolizzare nessuno, una risposta da parte di tutte le istituzioni e del governo». Un appello alla assunzione di responsabilità rivolto anche «a chi gestisce in maniera legale» le attività di gioco. «C'è - ha sottolineato Ciotti - un rischio dipendenza crescente anche in virtù di un marketing avvolgente. Lo slogano 'più giochi per tutti' è una cosa inquietante». Il rischio è la distruzione individuale e sociale che coinvogle centinaia di migliaia di famiglie 'intrappolate' in una dipendenza economica di debiti che spesso è l'anticamera dell'usura. «C'è un problema di democrazia - ha sottolineato Ciotti - per la democrazia si basa anche sui diritti». In Italia, ha ricordato il fondatore di Libera, non è stato ancora riconosciuto il diritto all'assistenza per i giocatori patologici. Così come avviene in altri Paesi europei.

Roma da primato
Settantasei miliardi di euro il fatturato del mercato legale del gioco nel 2011: 10 miliardi quello illegale; 1260 europro-capite la spesa per i giochi. Quattrocentomila slot machine in Italia,una «macchinetta mangia-soldi» ogni 150 abitanti, con un primato per la capitale: duecentonovantaquattro sale e più di 50mila slot machine distribuite tra Roma e provincia. Questi i dati che emergono dal dossier di Libera, «Azzardopoli, il paese del gioco d'azzardo», curato da Daniele Poto epresentato da don Luigi Ciotti nella sede della Fnsi, relativo alladiffusione del gioco d'azzardo, legale e illegale, in Italia. «Sono ben 41 i clan che gestiscono i giochi della mafia in tutto il paese - afferma Poto -Sono praticamente l'undicesimo concessionario, quello 'occulto' che si affianca ai dieci ufficiali».

Sono ottocentomila le persone in Italia,secondo il dossier, dipendenti dal gioco d'azzardo e quasi due milioni i giocatori a rischio. Dieci le procure della Repubblica che nell'ultimo anno hanno effettuato indagini sul fenomeno: 22 le città dove nel 2010 sono state effettuate indagini e operazioni delle forze di polizia con arresti e sequestri direttamente riferibili alla criminalità organizzata.

Le macchinette e i clan
«Negli ultimi anni la mafia si è infiltrata nel mondo delle macchinette: alterando le reti telematiche che dovrebbero collegarle al monopolio, inquesto modo non viene pagato il 12% dovuto allo Stato», ha aggiunto Diana DeMartino, Direzione distrettuale Antimafia. «Riguardo in particolare alterritorio di Roma - ha proseguito De Martino - qualche mese fa ci sono stati controlli a tappeto sulle sale gioco e le slot machine e molte di queste non erano collegate al concessionario. Sembra inoltre che molti clan camorristicisiano attive nel basso Lazio».

Il primato per il fatturato legale dei giochi, continua il dossier, spetta alla Lombardia con 2 miliardi e 586mila euro, seguita dalla Campania con 1,7 miliardi. All'ultimo gradino del podio il Lazio con 1,6 milardi di euro. «Vogliamo sollecitare una risposta da tutti a cominciare dalle istituzioni e chiediamo un'assunzione di responsabilità da parte delle imprese chegestiscono legalmente questo business - dice don Ciotti -. Le loro campagne pubblicitarie sono trappole psicologiche che recano un danno anche economico alle famiglie. Chiediamo leggi giuste e prevenzione. La lotta a questo fenomeno la si fa in Parlamento».

Milioni di euro investiti (con un sovrapprezzo anche del 5-10%) per l'acquisto di biglietti vincenti al Lotto, Superenalotto e 'Gratta e Vinci' da parte dei clan per giustificare e ripulire il denaro sporco. Anche questo è emerso da indagini recenti dell'Antimafia sull'utilizzo delle lotterie e dei giochi da parte della criminalità organizzata. Ma l'interesse delle organizzazioni malavitose è soprattutto concentrata nel controllo del gioco illegale e nella distribuzione territoriale delle cosiddette macchinette (slot machines e video poker). I 41 clan censiti nel rapporto (dai Casalesi di Bidognetti e Mallardo ai Santapaola, ai Mancuso e Lo Piccolo) messi insieme costituiscono l'undicesimo concessionario occulto del Monopolio.

Il Dossier 'Azzardopoli'
E' stato presentato oggi dall'associazione Libera, alla presenza del sostituto procuratore della Dda, Diana De Martino, scatta un'istantanea allarmante sul ruolo delle mafie nel settore dei giochi illegali che non rappresenta solo un canale di riciclaggio ma è diventata per i boss una gallina dalle uova d'oro per moltiplicare i profitti. «Il settore dove si concentrano i clan - ha detto il sostituto procuratore della Dda, Diana De Martino - è quello delle macchinette perchè è il comparto dei giochi che ha la maggiore 'produttività'». Diverse inchieste condotte dalla Dda in diverse città hanno evidenziato proprio un controllo anche 'militarè sul territorio da parte dei vari clan criminali nella allocazione e nella gestione dei proventi derivanti da queste attività. De Martino, ha ricordato l'inchiesta 'Hermes' della Dda di Napoli dove un personaggio legato ai clan controllava, da monopolista, tutta la distribuzione e il ricavato del gioco in questo settore ad alto valore aggiunto. «Obbligava tutti gli esercizi commerciali a mettere queste macchinette e dettava le condizioni. Era diventato un vero e proprio sportello bancario per i clan. Ci vuole una grande attenzione perchè questa è la nuova frontiera dei clan i cui rischi sono pochi anche perchè le sanzioni penali non sono paragonabili ai reati connessi al traffico di droga ma, allo stesso tempo, i guadagni sono enormi».




("L'Unità" - 9 gennaio 2012)

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