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domenica 12 febbraio 2012

Manovre pre-conclave, ma si scontrano due destre (per ora)
Dai sacri palazzi ormai esce di tutto, è la conferma che il Papa è debole e il Segretario di Stato non è amato; i papabili, intanto, rischiano di bruciarsi.

redazione
sabato 11 febbraio 2012 19:05


Di Francesco Peloso

Fra dossier e lettere riservate, documenti anonimi e messaggi trasversali, la lotta di potere all'interno della Chiesa è entrata nel vivo. Con l'avanzare dell'età del Papa, ad aprile toccherà gli 85 anni, le manovre per la successione sono iniziate. Fra l'altro è stato lo stesso Benedetto XVI ad affermare nel libro-intervista "Luce del mondo" che, qualora non si sentisse più in grado, sotto il profilo fisico e psichico, di rimanere al suo posto, sarebbe pronto a dimettersi. Ma intanto nell'agenda del Pontefice ci sono viaggi - a Messico e a Cuba a fine Marzo e in Libano a settembre - e altri impegni; per il resto i collaboratori del Pontefice cercano di alleggerire i carichi di lavoro e gli impegni, tutto procede insomma. E però la competizione per la successione è già iniziata, d'altro canto tradizionalmente ha tempi lunghi e macina candidati nel corso del tempo. Quella che si sta svolgendo in questi mesi è una lotta tra due schieramenti trasversali, entrambi conservatori, ma fieramente opposti fra loro. Se in Curia il cardinale Tarcisio Bertone rimane forte e ben rappresentato, le critiche verso il suo operato si moltiplicano in diversi episcopati del mondo, in ambienti ecclesiali che hanno perso alcune quote di potere, fra quanti ritengono che dal punto di vista diplomatico e internazionale l'attuale squadra della Segreteria di Stato non stia operando al meglio.

I 'bertoniani' si sono rafforzati notevolmente con l'ultima serie di nomine cardinalizie - il concistoro durante il quale il Papa assegnerà la fatidica berretta rossa si svolgerà il 18 febbraio - che hanno visto l'ingresso nel Sacro collegio di diverse personalità legate al Segretario di Stato. In particolare Giuseppe Bertello, che è anche presidente del Governatorato, quindi il vescovo Giuseppe Versaldi, che ora guida la Prefettura degli Affari economici, quindi Domenico Calcagno, a capo del dicastero che amministra il patrimonio della sede apostolica (Apsa). A questi si può aggiungere il cardinale Mauro Piacenza, alla guida della Congregazione per il clero. Poi ci sono diversi altri cardinali italiani più o meni vicini a Bertone o che in qualche modo fanno riferimento a lui. In termini numerici questo gruppo può contare almeno su una decina di 'voti' sicuri in un eventuale conclave che possono risultare determinanti per eleggere qualsiasi candidato (in tutto i partecipanti al conclave oscillano intorno a quota 125).

Gli italiani con la porpora e con diritto di voto sono però molti, 30 allo stato attuale delle cose. Fra loro si scorgono nomi eccellenti come quello dell'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, presidente della Cei. E che l'episcopato italiano non abbia amato un granché Bertone non è un mistero. Spicca poi il nome di Angelo Scola, arcivescovo di Milano, di cui si dice che sia ben visto da Benedetto XVI; intorno al suo nome potrebbe coagularsi l'altra alla conservatrice, quella di opposizione. In Curia, in effetti, vi sono anche alcuni 'ratzingeriani doc' in posti chiave che non sono allineati a Bertone. Fra loro certamente il prefetto della Congregazione dei vescovi Marc Ouellet, canadese, e l'americano William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. A loro si può aggiungere l'ultraconservatore statunitense Raymond Burke, chiamato dal Papa alla guida del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica, sostenitore della messa in latino nel rito antico e di una lettura riduzionista del Vaticano II.

In tale contesto si apre la strada anche alla candidatura di Timothy Dolan, arcivescovo di New York, appena nominato cardinale, cui il Pontefice ha affidato l'apertura del prossimo concistoro straordinario, cioè dell'assise dei cardinale di tutto il mondo che si svolgerà a Roma subito prima della cerimonia per la nomina dei nuovi cardinali. Dolan è un antiobamiano senza se e senza ma, e sostiene una Chiesa che mette difesa del matrimonio e della vita al primo posto; potrebbe essere però il candidato di mediazione fra le diverse componenti. Meno chance sembra avere - per ora - l'arcivescovo di Boston, Sean O'Malley, un frate cappuccino che ha avuto il merito di affrontare lo scandalo pedofilia nella città che fu epicentro della vicenda più di dieci anni fa. Quasi del tutto scomparsa, con il pontificato di Benedetto XVI, l'ala riformista della Chiesa. Resta in campo il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, vescovo dell'Honduras, molto stimato ma proveniente da un Paese dallo scarso peso politico.

Ancora, in quest'area, potrebbe rientrare il brasiliano moderato di Curia, Joao Braz de Aviz, Prefetto della Congregazione per i religiosi. Infine c'è il nome di una quasi ex stella del firmamento ecclesiale come il cardinale di Vienna Christoph Schoenborn; amico personale di Ratzinger, ha contestato l'eccesso di centralità romana, ma sotto di sé si trova una Chiesa ormai in rivolta contro la dottrina di Roma che invoca una nuova Riforma.

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