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mercoledì 23 marzo 2011

NON POSSIAMO ACCETTARLO -

NON POSSIAMO ACCETTARLO
di Franco Cardini

Naturalmente, faranno anche questa. Ormai l’arroganza e l’orgia del potere incontrollato non hanno più limiti: la democrazia non è più nemmeno ridotta a un guscio formale; il rispetto di norme e convenzioni non regge davanti a un’incuranza e a un’ignoranza che non conoscono più limiti; le opinioni pubbliche non esistono più, annegate nel marasma del bla-bla televisivo e mediatico dove tutti gridano, nessuno sta a sentire e nessuno incide sulla realtà che è invece gestita da una banda di gangsters e dai loro gregari.
Il mondo arabo è in fiamme, ma le notizie arrivano frammentate e quasi casuali. Lo Yemen è sull’orlo di una guerra civile; gli emirati arabi uniti (gli stessi che collaborano alla missione “Odissea all’alba” sui cieli della Libia) usano le loro spietate polizie per soffocare nei loro paesi le richieste di libertà; la Tunisia è lasciata a se stessa, e la gente di là puo solo scappare sulle carrette natanti verso Pantelleria.
Gheddafi uccide. Non è la prima volta. Lo faceva anche quando era nostro amico e nostro complice; anche quando distribuiva libretti verdi ad alcune puttanelle e accettava i baciamano dei suoi soci in affari e colleghi di quel che le convenzioni obbligano ancora a definire “di governo”. Anche altrove si ammazza, si reprime, si tortura, s’imprigiona. Ma il punto, per il democratico Occidente, non è intervenire dove piu difficili sono le situazioni e più dura si fa la ferocia degli assassini. No. Il punto è scegliere secondo convenienza e al tempo stesso mostrare i muscoli. Dopo l’esportazione della democrazia di buona irakena memoria, siamo alle “ragioni umanitarie”: e lo stesso presidente della repubblica finge di crederci: e recita la commedia del “questa-non-è-una-guerra”. Mentre qualcuno, da destra e da sinistra – contano, ormai, le distinzioni? -, si chiede se in fondo non sarebbe meglio far maggior attenzione a chi stiamo appoggiando, e che i ribelli di Bengasi potrebbero esser peggio dei lealisti di Tripoli, potrebbero addirittura essere, orrore!, dei “fondamentalisti”… e quindi “terroristi”. Come a dire che qui quel che conta non è intervenire a tutela dei più deboli, una balla in cui non crede nessuno, bensì colpire chi si ritiene più pericoloso per i propri interessi. Chi è peggiore, allora? Il rais che doveva essere richiamato all’ordine in quanto minacciava d’introdurre nel business del petrolio libico dei partners non graditi agli occidentali, o i “ribelli” che magari sognano un tipo di assetto che domani potrebbe avanzare qualche pretesa compromettente, ad esempio circa l’assetto del Mediterraneo o del Vicino Oriente? Intanto, noi scivoliamo sempre più nel ridicolo: abbiamo un ministro della Difesa che, reduce da un raid aereo dannunziano sull’Afghanistan, ora cita il D’Annunzio della guerra di Libia della quale, guarda caso, ricorre il centenario (lo facciamo un bel Colony Day, signor ministro, con tanto di caschi coloniali di sughero da distribuire alle scuole?). Abbiamo un ministro degli Esteri che ora minaccia di uscire dalla coalizione, se i francesi non la smetteranno di giocar al capofila: ci vuole la NATO, che diamine, vista anche la bella figura che sta facendo in Afghanistan…
No, diciamolo chiaro. Noi non contiamo nulla e non possiamo far nulla. Da Grosseto, si alzano i caccia che bruciando i nostri soldi vanno ad ammazzar gente in Libia per difendere le popolazioni civili e le “ragioni umanitarie”, insieme con i caccia degli emirati arabi uniti (retti com’e noto da celebri governi umanitari) e i danesi e i canadesi, che sono interessatissimi alla faccenda poiché, com’è noto, Canada e Danimarca bagnano le loro coste nel nostro Mediterraneo (per tacer d’inglesi e d’americani). L’ONU ha dato l’ennesima riprova della sua ignavia e incapacità: ma la risoluzione del suo Consiglio di Sicurezza che autorizza non si sa chi a ”tutte le misure necessarie” è stata immediatamente onorata, più o meno come quelle contro Saddam: e alla buon’ora, dal momento che, come tutti sanno, vi sono numerose risoluzioni che invece sono state più volte adottate e vengono pervicacemente ignorate dalla comunità internazionale.
L’operazione militare “Odissea all’alba”, che nelle intenzioni proclamate dai suoi promotori – in primis il presidente franecse Nicolas Sarkozy – avrebbe il solo scopo d’impedire pesanti ritorsioni aree delle truppe del rais Gheddafi sulla popolazione civile delle aree del paese libico per ora nelle mani dei “ribelli”, è scattata in modo inatteso sabato 19 marzo 2011: il presidente francese ha sorpreso “di contropiede” la comunità internazionale trascinandola in un’avventura che l’ONU ha provveduto a tempestivamente legittimare, pur non potendo celare l’imbarazzo. Una mossa avviata in modo maldestro, che ha dato luogo a una coalizione “equivoca”, nella quale gli Stati Uniti hanno dato l’impressione di essere entrati di malavoglia e solo per non cedere ai francesi il primato dell’iniziativa. Gli “alleati” che, per dirla col ministro degli esteri italiano Frattini, “non potevano essere assenti” dall’azione – un parere, questo, a dire il vero piuttosto debole e sembra tiepidamente condiviso dallo stesso presidente del consiglio – hanno l’aria di costituire un insieme alquanto eterogeneo, che va dalla Spagna alla Danimarca al Qatar. Non è né ONU, né Unione Europea, né NATO.
Tutto ciò, in barba e in spregio a due princìpi che dovrebbero essere chiari.
Primo, quello dell’autodeterminazione dei popoli: di tutti i popoli, non solo di quelli che qualcuno a Washington o a Parigi ritiene virtuosi. E’ un principio-base della convivenza e del diritto internazionale. Serve a evitar di cadere in una jungla dove valga solo la legge del più forte. Da vent’anni, cioè dai tempi del Kosovo e della prima guerra del Golfo, se ne fa strame. Non possiamo più tollerarlo. La Libia e un paese sovrano: mentre è giusto cercar di aiutarlo in ogni modo in questa difficile contingenza, è chiaro che non esiste alcuna autorità ad essa esterna che può imporre dal di fuori al popolo libico la soluzione dei suoi problemi.
Secondo, quello dell’iniziativa comunitaria. Gli interventi umanitari da parte della comunità internazionale debbono esser decisi primariamente ed esclusivamente dall’Organizzazione delle Nazioni Unite: che non può andar a rimorchio di nessuno, contrariamente a quel che fece nel 2003 con gli USA a proposito dell’Iraq e a quel che ha fatto adesso a rimorchio della Francia.
Aggiungiamo che la NATO (North Atlantic Threaty Organization) non avrebbe alcun titolo per intervenire in quel Mediterraneo nel quale invece spadroneggia; e che sarebbero ormai ora che i paesi membri dell’Unione Europea, dopo aver dato tante e tanto squallide prove di sé, cominciassero ad agire di comune accordo fra loro - e senza aspettare il placet americano o farsi travolgere dei fulmini di guerra degli emuli del Bonaparte - e a tracciare insieme un abbozzo di comune politica di difesa.
Infine, l’Italia avrebbe avuto tutti i titoli storici e geopolitica per avanzare una seria ed energica proposta mediatrice tra Gheddafi e gli insorti: avrebbe dovuto farlo energicamente e tempestivamente, e a tal fine avrebbe dovuto chiedere con forza un mandato internazionale. Ma, per fare cose come queste, ci vuole un governo. Non una “loggia coperta”, o un’organizzazione volta a organizzare profitti e festini, o un’organizzazione a delinquere.
Franco Cardini, 21/3/2011


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