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domenica 10 luglio 2011

Profezia Maya, Apocalisse 2012: Cosa sappiamo veramente?
Fonte: http://www.altrainformazione.it/
Di: Marco Pizzuti
Non è la prima volta che l’umanità comincia a provare un certo timore al sopraggiungere di alcune date indicate a titolo profetico come fatidiche, è già successo ad esempio per l’anno mille e il fenomeno si è ripetuto ancora nell’anno 2000 (almeno per gli stati che seguono il calendario gregoriano) durante il nostro primo giorno d’ingresso nel terzo millennio. Per il futuro quindi dovremmo poter dormire sonni tranquilli poiché i dati statistici dimostrano che le profezie sulla fine del mondo sono solo derive della fantasia umana. Ciononostante da qualche tempo il giorno del 21 dicembre dell’anno 2012 viene sempre più insistentemente indicato da molti come la prossima data di scadenza per imminente arrivo di una catastrofe. Insomma, la storia sembra ripetersi e per rendersene conto basta digitare la parola chiave “apocalisse 2012” su uno dei principali motori di ricerca. Ma è proprio vero che anche questa volta siamo alle prese con l’ennesima bufala ? La profezia Maya veramente solo una “profezia” o piuttosto una previsione astronomica basata su conoscenze dei cicli cosmici che noi ancora non conosciamo? A ben vedere infatti il 21 dicembre 2012 non è una data indicata dal solito profeta di turno divinamente ispirato, ma è la data di conclusione di un computo matematicamente e astronomicamente perfetto che aveva già previsto con esattezza le eclissi solari e lunari per migliaia di anni. E dal momento che la scienza moderna non è mai riuscita a scoprire come abbiano fatto i maya a possedere conoscenze così avanzate in campo astronomico ha finito con il definire l’appuntamento con il 2012 una mera “profezia”. Se però restiamo ai fatti, ovvero ai calendari maya e alla loro dimostrata precisione, e poi partiamo da questi per giudicare la previsione finale del lungo computo non possiamo che guardare ad essi con maggiore umiltà e timore di quanto è stato fatto sino ad ora..
I calendari Maya
Il popolo maya disponeva di differenti calendari astronomici (come ad es. il calendario di Venere) che ottemperavano ciascuno ad una diversa funzione. Di tutti questi però, solo tre sono particolarmente noti :
1) Lo Tzolkin aveva una durata di 260 giorni ed in quanto considerato sacro veniva utilizzato per la scelta dei giorni in cui svolgere i cerimoniali religiosi;
2) L’Haab aveva una durata di 365 giorni e pur espletando la stessa funzione del nostro attuale calendario era già molto più preciso di esso [1];
3) Il calendario del “lungo computo” veniva utilizzato per cadenzare il tempo della nostra era e aveva una durata di circa 5125 anni .
Ciò premesso, va poi aggiunto che la cultura maya non misurava lo scorrere del tempo seguendo una direzione lineare ma bensì circolare, ovvero suddividendolo in cicli o ere. Ciò derivava dal fatto che i sacerdoti di questo antico popolo ritenevano il cammino della civiltà soggetto a periodiche e prevedibili catastrofi planetarie dovute a particolari configurazioni astronomiche nefaste per l’attività solare che fungerebbero da spartiacque tra la fine di un’era e l’inizio di un’altra. Secondo quest’ultimo calcolo infatti la nostra era iniziò il 13 agosto del 3114 a.C e sarebbe ormai giunta al tempo della fine, terminando esattamente il 21 dicembre 2012.
Alcuni fatti rimasti inspiegabili
Una volta giunti a questo punto però molti staranno cominciando a chiedersi: “Ma perché preoccuparsi? In fondo i maya erano solo un popolo primitivo e superstizioso!”. Pertanto mi affretto a rispondere loro che forse hanno perfettamente ragione ma … eccezion fatta per il calendario religioso è bene sapere che tutti gli altri calendari maya esaminati sino ad ora costituiscono un mistero a causa della loro notevole precisione. Un fatto questo che rende la questione sulla loro vera data d’origine un fatto molto dibattuto nell’ambito della letteratura nota come archeologia eretica (i cui esponenti più celebri sono R. Bauval e G. Hancock). I maya ad esempio, esattamente nello stesso periodo storico in cui non conoscevano ne la ruota , ne la carrucola o la bilancia erano già in possesso di nozioni matematiche e astronomiche straordinariamente complesse testimoniate dall’esistenza dei loro antichi calendari. E se da una parte non possiamo verificare cosa accadrà nel 2012 semplicemente perché non possiamo prevedere il futuro, dall’altra, sappiamo per certo che chi realizzò il calendario solare ottenne una precisione superiore a quella da noi conseguita in epoca moderna, che lasciò ai suoi eredi un altrettanto sbalorditivo calendario di Venere e che con il calendario del lungo computo (della durata di ben 5125 anni) fu addirittura in grado di prevedere tutte le eclissi di sole e di luna verificatesi sino ad oggi [2]! Peraltro, fatto ancora più misterioso i maya conoscevano il fenomeno della precessione degli equinozi che il loro calendario dell’anno galattico indicava compiersi in 25625 anni [3]! Come fecero a calcolarlo nessuno è attualmente in grado di dimostrarlo ma una volta accettatolo come un dato di fatto possiamo osare supporre che gli antichi autori dei calendari avessero avuto ragione anche riguardo alla ciclicità dei grandi eventi catastrofici planetari. Non trattandosi quindi solo della solita banale profezia come molti pensano tuttora e riconoscendo ad essi il grado di perizia che gli spetta, è effettivamente più logico immaginare che i veri astronomi ante-litteram che realizzarono questi calendari non fossero in realtà i sacerdoti del popolo Maya (che non conoscevano neppure la ruota) come sostengono gli storici e gli archeologi ortodossi , quanto piuttosto gli scienziati dell’ultima civiltà evoluta che precedette l’inizio della nostra. I maya con ogni probabilità (vista la loro generale condizione di sottosviluppo in tutte le altre scienze) non fecero altro che ereditare il proprio sapere dai loro antenati proprio come vuole la tradizione. Sarà infatti solo una coincidenza, ma gli archeologi fanno risalire l’origine dell’attuale civiltà esattamente in un periodo collocato pochi secoli prima del 3000 a. C., ovvero in una data che corrisponde in modo inquietante al 3114 a. C. indicato dai maya come inizio della nostra attuale era.
Il significato del 2012 secondo l’interpretazione maya
La risposta a cosa accadrà secondo il calendario Maya è racchiusa nell’ultima pagina del codice di Dresda. Stando infatti all’interpretazione dei disegni effettuata dall’antropologo Arlen F. Chase (Università della Florida), vi è stata prevista una serie di gravi inondazioni della superficie terrestre. La parte ancora leggibile dei glifi descrive inoltre un periodo di oscuramento del sole.
Il sole sotto accusa

I maya non solo avevano diviso la storia del mondo in 5 diverse epoche ma usavano riferirsi a ciascuna di esse associandole al sole in ordine cronologico. E stando quindi alla tradizione maya sarebbe proprio il nostro astro a svolgere sempre il ruolo di protagonista in questi sconvolgimenti ciclici planetari. A tal proposito basti aggiungere che le loro previsioni collocano il periodo storico in cui stiamo vivendo nel quinto e ultimo sole. Di questa associazione se ne sono accorti alcuni studiosi come Adrian G. Gilbert e Maurice M. Cotterrell che hanno svolto approfondite indagini in proposito culminate poi nel dettagliato volume Le profezie dei Maya (edito per l’Italia dalla Corbaccio). Pertanto, secondo gli autori i sacerdoti di questo antico popolo sapevano già migliaia di anni or sono che nel 2012 si sarebbe scatenata una tempesta solare di inaudita violenza che avrebbe determinato la fine della nostra era. Ma una cosa del genere è realmente possibile? Beh stando alle leggi della fisica pare proprio di si…

Ed cco cosa troviamo scritto su Il Tempo del 21/04/09:

Arriva la super tempesta solare

Tra circa tre anni la Terra potrebbe essere investita da una tempesta solare potentissima, in grado di distruggere le reti elettriche e di riportare il mondo, almeno per una ventina d’anni, all’età del Medio Evo.
Secondo quanto riporta il settimanale britannico New Scientist, un rapporto finanziato dalla Nasa e pubblicato dalla National Academy of Sciences (Nas) americana a gennaio conclude che una tempesta solare potrebbe verificarsi a breve e avere gravi conseguenze per la società umana, totalmente dipendente dall’elettricità e dalla tecnologia. «Ci stiamo avvicinando sempre più ad un possibile disastro», ha dichiarato Daniel Baker, esperto di meteorologia spaziale dell’università del Colorado e presidente della commissione della Nas che ha redatto il rapporto.
Secondo gli scienziati, in un anno di intensa attività del Sole, come si prevede potrà essere il 2012 (solo una inquietante coincidenza? N.D.A.), potrebbero avvenire violente esplosioni della corona solare e la Terra potrebbe essere investita da un’ondata particolarmente violenta di vento solare. A contatto con la magnetosfera terrestre, il vento solare potrebbe causare una perturbazione geomagnetica tale, secondo l’esperto, da far saltare le linee elettriche. L’ultima volta che si era verificata una tempesta solare particolarmente violenta, nel 1859, una gigante aurora boreale aveva investito la Terra fino ai Tropici. In California, un gruppo di minatori si era svegliato pensando fosse giorno ed invece erano le due del mattino. Ma il mondo non era ancora così industrializzato e dipendente dalla tecnologia e, a parte alcuni danni alle linee del telegrafo, le conseguenze di quella tempesta, chiamata perturbazione di Carrington, non erano state particolarmente gravi.
Oggi invece le cose andrebbero in maniera molto diversa. Telefoni cellulari e internet potrebbero avere problemi di collegamento, così come la radio e potrebbero esserci problemi di approvvigionamento elettrico e di acqua. Senza elettricità le pompe di benzina non funzionerebbero così come le centrali nucleari e a carbone, e l’intero pianeta potrebbe trovarsi senza energia. Gli esperti hanno calcolato che per far ripartire il sistema sarebbero necessari almeno una ventina d’anni. Una tempesta solare, afferma Paul Kintner, fisico della Cornell University di Ithaca, New York, farebbe danni almeno dieci volte superiori ad una tragedia meteorologica come quella dell’uragano Katrina [17].
Inversione dei poli magnetici e olocausti solari
In televisione se ne parla assai poco ma gli scienziati hanno comunque scoperto che i poli magnetici terrestri si invertono ciclicamente nel corso del tempo con conseguenze drammatiche per l’ecosistema globale. La prova ci arriva dall’esame delle rocce ignee risalenti a diverse ere geologiche. Queste ultime infatti, una volta passate dallo stato magmatico a quello solido possiedono la particolare proprietà di conservare “l’impronta” del campo magnetico terrestre presente nel momento del loro raffreddamento. Tale caratteristica ha poi consentito ai geologi di scoprire che il nord e il sud magnetico si invertono ciclicamente [5] passando per fasi intermedie dove le diverse polarità non risultano perfettamente allineate e in cui il globo terrestre è caratterizzato dalla presenza di piccole aree già invertite dal punto di vista dell’orientamento magnetico. Ma mentre vi è consenso unanime del mondo accademico sul fatto che un simile evento si verifichi, esistono poi diverse scuole di pensiero sul quando e come ciò possa avvenire. La maggior parte degli esperti ritiene a tal proposito che l’ultima inversione completa sia avvenuta ben 16 milioni di anni fa mentre solo la minoranza di essi afferma che il fenomeno si può verificare anche con cadenze intorno ai 10.000 anni. E al di là di chi abbia ragione o meno tra i sostenitori delle due teorie, sta di fatto che se l’ultima inversione dei poli fosse realmente avvenuta solo 12.000 anni avremmo scoperto anche la causa dell’ultima glaciazione (c.d. del Pleistocene). Un altro enigma dei geologi riguarda infatti l’inspiegabile incremento dell’attività vulcanica che si manifesta sempre in concomitanza di ogni era glaciale e che potrebbe avere la sua origine proprio nello slittamento dei poli magnetici. Gli scienziati infatti sembrano essere d’accordo almeno su un punto, l’inversione dei poli sviluppa molta energia che finisce per eccitare il magma che scorre sotto la crosta terrestre generando così vulcanismo, terremoti e tsunami che finiscono per abbattersi sulle coste. A quando il prossimo appuntamento? Forse tra breve visto che sono gli esperti dell’autorevole rivista scientifica nature a riportare la notizia [6]. L’analisi dei dati raccolti dai satelliti Oersted confrontati con quelli del Magsat sembra infatti presagire una rivoluzione magnetica imminente [7]. E si è scoperto inoltre che due regioni della Terra (poste rispettivamente nell’Africa meridionale e al Polo Nord) hanno subito enormi variazioni del proprio campo magnetico locale.
Immagini dei dati raccolti dal satellite Oersted
“Lo stato attuale del nostro pianeta – affermano Gauthier Hulot e gli altri autori dell’articolo di Nature – assomiglia moltissimo a quelle simulazioni al computer, altamente asimmetriche, che descrivono i periodi di tempo prossimi alla cosiddetta inversione del campo magnetico terrestre. Peraltro, un altro indizio inquietante che sembra avere sempre accompagnato il ribaltamento dei poli magnetici è la diminuzione del campo magnetico terrestre, cosa anche questa regolarmente avvenendo in questi anni [8]. Ma anche ammesso che simili previsioni siano corrette, cosa c’entrano i maya e il sole in tutto questo? Se però stiamo agli indizi offerti dai dati e alla loro interpretazione più apocalittica c’entrano eccome. E ciò in quanto come anzidetto l’attuale situazione dei poli magnetici dimostra che essi sono già in movimento, ovvero nella fase di instabilità che prelude al loro ribaltamento. Per di più proprio per il 2012 è prevista una tempesta solare senza precedenti (il vento solare e le sue particelle cariche perturbano il nostro campo magnetico) [9] che potrà effettivamente manifestarsi come il colpo di grazia dell’attuale equilibrio geomagnetico terrestre [10].
Il vento solare di ordinaria potenza viene schermato dal nostro campo magnetico che riesce a deviarlo verso i poli dove le particelle cariche si manifestano visivamente con il fenomeno delle aurore boreali.
Una immagine dell’aurora boreale
Ma pur ammettendo possibile se non addirittura probabile un simile scenario, come avrebbero fatto gli antichi a prevederlo in anticipo di migliaia di anni con un calendario?
Forse la risposta ci arriva dalle scoperte fatte dallo scienziato russo Alexei Dmitriev (geofisico all’accademia delle scienze con un curriculum imponente e oltre 300 pubblicazioni all’attivo sulle riviste più autorevoli), il quale ha risolutamente affermato [11] che il recente aumento dell’attività del sole è una conseguenza diretta dell’ingresso del nostro sistema solare all’interno della nube energetica presente in questa zona della galassia. Ma se così fosse, esistono indizi che chi realizzò i calendari maya conoscesse già anche il moto di rotazione del nostro sistema solare intorno al centro della galassia (dinamica descritta perfettamente dall’anno galattico del calendario maya). Solo in tale ipotesi infatti, avrebbe potuto prevedere in anticipo gli eventi catastrofici con tale precisione matematica. Insomma tra tanti misteri rimane solo una certezza, chiunque realizzò quei calendari sapeva il fatto suo…

Inversione dei poli magnetici; come e perchè

Le misteriose scie chimiche servono forse a schermare la terra fino al 2012?

Come già noto nell’ambiente della controinformazione da molti anni i cieli di tutto il mondo vengono costantemente cosparsi di materiale tossico proveniente da aerei militari senza insegne di riconoscimento. Questo fenomeno è stato identificato a livello globale con l’appellativo di scie chimiche, dall’inglese chemtrials [12]. Sul reale scopo di questa operazione però esistono solo molte ipotesi, la maggior parte delle quali, a dire il vero, poco convincenti. Si sa tuttavia che a seguito del passaggio di questi aerei e alla formazione delle suddette scie compare sempre una densa foschia bianca molto simile a vere e proprie nuvole. E sapendo che da decenni è in atto un surriscaldamento globale del pianeta attribuito ufficialmente al c.d. effetto serra (in realtà è stato rcentemente scoperto che il surriscaldamento riguarda tutti i pianeti del sistema solare) è possibile che quest’ultimo sia stato utilizzato solo come una sorta di copertura ufficiale del reale e drammatico problema. In parole povere la vera causa del surriscaldamento potrebbe dipendere esclusivamente dall’avvicinamento del nostro sistema solare alla nube energetica individuata da Dmitriev. E in tale ipotesi le scie chimiche potrebbero avere l’unico scopo di schermare il pianeta dai raggi solari riflettendone l’energia verso la ionosfera. Una sorta di palliativo per fare presagire poco o nulla alla popolazione di ciò che sta effettivamente avvenendo. In concomitanza alle scie chimiche è stata inoltre già sviluppata da alcuni anni la discussa tecnologia HAARP per la manipolazione artificiale delle condizioni atmosferiche attraverso la trasmissione di onde radio.
La ammissioni di Obama
A conferma di questa ultima ipotesi ci sono le parziali ammissioni del governo USA. Dalla Associated Press infatti è emerso quanto segue (la traduzione è in fondo all’articolo originale qui riportato):
OBAMA LOOKS AT CLIMATE ENGINEERING
By SETH BORENSTEIN

WASHINGTON (AP) — The president’s new science adviser said Wednesday that global warming is so dire, the Obama administration is discussing radical technologies to cool Earth’s air. John Holdren told The Associated Press in his first interview since being confirmed last month that the idea of geoengineering the climate is being discussed.
One such extreme option includes shooting pollution particles into the upper atmosphere to reflect the sun’s rays. Holdren said such an experimental measure would only be used as a last resort.
“It’s got to be looked at,” he said. “We don’t have the luxury of taking any approach off the table.”
Holdren outlined several “tipping points” involving global warming that could be fast approaching. Once such milestones are reached, such as complete loss of summer sea ice in the Arctic, it increases chances of “really intolerable consequences,” he said.
Twice in a half-hour interview, Holdren compared global warming to being “in a car with bad brakes driving toward a cliff in the fog.”
At first, Holdren characterized the potential need to technologically tinker with the climate as just his personal view. However, he went on to say he has raised it in administration discussions.
Holdren, a 65-year-old physicist, is far from alone in taking geoengineering more seriously. The National Academy of Science is making climate tinkering the subject of its first workshop in its new multidiscipline climate challenges program. The British parliament has also discussed the idea.
The American Meteorological Society is crafting a policy statement on geoengineering that says “it is prudent to consider geoengineering’s potential, to understand its limits and to avoid rash deployment.”
Last week, Princeton scientist Robert Socolow told the National Academy that geoengineering should be an available option in case climate worsens dramatically.
But Holdren noted that shooting particles into the air — making an artificial volcano as one Nobel laureate has suggested — could have grave side effects and would not completely solve all the problems from soaring greenhouse gas emissions. So such actions could not be taken lightly, he said.
Still, “we might get desperate enough to want to use it,” he added.
Another geoengineering option he mentioned was the use of so-called artificial trees to suck carbon dioxide — the chief human-caused greenhouse gas — out of the air and store it. At first that seemed prohibitively expensive, but a re-examination of the approach shows it might be less costly, he said.
——-
L’amministrazione di Obama sta pensando di ricorrere alla geoingegneria per “raffreddare l’aria” della Terra, nel tentativo di combattere il riscaldamento globale.
Lo dichiara John Holdren, consulente scientifico della Casa Bianca, specificando che una delle tecniche in discussione riguarda lo spargimento nell’alta atmosfera di particelle opache che riflettano i raggi del sole…. [16].
dossier arcoiris tv sulla tecnologia HAARP e le scie chimiche


Ma mentre i grandi media sembrano ignorare completamente la concreta possibilità di una catastrofe planetaria per il 2012, i Rockefeller [13] e la Monsanto si sono già fatti costruire una sorta di arca di Noè sotterranea delle sementi a prova di bomba atomica nelle isole Svalbard. Un fatto che pur non essendo ufficialmente collegato al prossimo 2012 presenta degli aspetti inquietanti visto che di banche delle sementi nel mondo già ne esistevano almeno un migliaio.
Una ricostruzione tridimensionale del Bunker delle sementi.

Il surriscaldamento è fuori controllo….

Calendari astronomici e teorie catastrofiste a parte, è un dato di fatto che l’attuale processo di surriscaldamento globale sta superando ogni previsione. Ed infatti a far temere il peggio non è il fenomeno in sè ma la rapidità incontrollata con cui sta aumentando d’intensità.

La banchisa polare antartica

Solo quattro anni fa c’era accordo nella comunità scientifica sul fatto che la banchisa polare nella regione occidentale dell’Antartide fosse stabile, ma un inatteso fenomeno di scioglimento ha costretto gli scienziati a mettere in discussione questo assunto. Nel 2002 il Larson B, una piattaforma di ghiaccio da 500 miliardi di tonnellate con un’estensione pari al doppio di quella di Londra, si è disintegrato in meno di un mese: pur non avendo avuto ricadute immediate sul livello del mare, questo episodio è emblematico degli effetti del surriscaldamento globale. Nel 2005, il British Antarctic Survey ha rilevato che l’87 per cento dei ghiacciai della penisola antartica si sono ritirati negli ultimi cinquant’anni e negli ultimi cinque anni i ghiacciai hanno perso in media 50 metri all’anno. L’intera banchisa antartica contiene acqua a sufficienza per innalzare il livello dei mari di 62 metri. Anche se il terzo rapporto dell’IPCC considera assai improbabile questo scenario, nuove ricerche indicano uno sgretolamento massiccio della banchisa [14].

I ghiacciai della Groenlandia

Nel luglio del 2005, alcuni scienziati a bordo di una delle navi di Greenpeace, la Arctic Sunrise, hanno fatto un’incredibile scoperta: i ghiacciai della Groenlandia si stanno sciogliendo ad una velocità che non ha precedenti. Questo significa che il cambiamento climatico non è solo un concetto astratto, uno scenario futuribile da fantascienza, ma è una realtà concreta, che bussa alle nostre porte. I rilevamenti fatti indicano inoltre che il ghiacciaio di Kangerdlugssuaq, sulla costa orientale della Groenlandia, è uno dei ghiacciai più veloci al mondo, perché si muove verso il mare ad una velocità di quasi 14 chilometri all’anno. Le misurazioni sono state effettuate usando un sistema GPS ad alta precisione. Il ghiacciaio, inoltre, si è ritirato di 5 chilometri dal 2001, dopo aver mantenuto condizioni stabili per almeno quarant’anni. I ghiacci del Polo Nord contengono più del 6 per cento dell’acqua potabile del mondo. E si stanno sciogliendo ad un ritmo molto più elevato di quanto non si pensasse. Lo scioglimento dell’intera Groenlandia determinerebbe un innalzamento dei mari di 6 metri, ma anche un incremento di un solo metro significherebbe l’inondazione di New York, Amsterdam, Venezia e di tutto il Bangladesh. Il ritirarsi allarmante del ghiacciaio Kangerdkugssuaq lascia dedurre che l’intera calotta polare artica si stia sciogliendo molto più velocemente del previsto. Tutti gli scenari sul surriscaldamento globale ipotizzati finora dagli scienziati postulano un ritmo di scioglimento più lento. I nuovi dati, invece, ci dicono che il cambiamento climatico è una minaccia più grande e più vicina di quanto prima non si pensasse [15].

L’Artico può essere circumnavigato è la prima volta in 125mila anni

Quello che segue è un interessante articolo pubblicato a fine agosto dal sito web del giornale Repubblica;

Scioglimento record della calotta polare: aperti i passaggi di Nord Ovest e di Nord Est Lo prova un’immagine scattata il 28 agosto dal satellite Envisat dell’Esa dove è possibile vedere il Passaggio Nord Ovest quasi completamente libero dai ghiacci.

LONDRA, 31 agosto 2008 – Per la prima volta a memoria d’uomo sarà possibile circumnavigare l’intero Polo Nord. Foto satellitari scattate due giorni fa mostrano, scrive oggi l’Independent, che lo scioglimento dei ghiacci verificatosi la settimana scorsa ha finalmente aperto contemporaneamente sia il favoleggiato Passaggio a Nord-Ovest che il passaggio a Nord-Est. A dimostrarlo sono immagini scattate da satelliti Nasa. Il Passaggio Nord Ovest, nel territorio canadese, si è aperto nello scorso fine settimana, mentre l’ultima lingua di ghiaccio che ostruiva il Mare di Laptev, in Siberia, si è disciolta qualche giorno dopo. È un evento clamoroso che, se da un lato corona il sogno secolare di generazioni di esploratori, navigatori e viaggiatori, dall’altro rappresenta un preoccupante segnale dell’accelerarsi del processo del riscaldamento globale. Sul breve periodo, naturalmente, la novità dovrebbe portare soltanto vantaggi alle varie compagnie di navigazione che per la prima volta nella storia potranno tagliare migliaia di miglia marine lungo le rotte tra il nord del Canada e la Russia. Negli scorsi decenni, in varie occasioni si è verificata la situazione dell’apertura dell’uno o dell’altro passaggio ma mai, come in questi giorni, era accaduto che entrambe le due misteriose porte dell’artico si dischiudessero simultaneamente. E’ questo solo l’ultimo segnale della crisi dell’intero ecosistema artico. Solo pochi giorni fa, il National snow and ice data center (NSIDC) statunitense ha informato che quest’anno l’estensione globale del ghiaccio artico è prossima a battere il record record negativo, dello scorso anno, di 4,14 milioni di chilometri quadrati: un valore inferiore di oltre un milione di metri cubi al record precedente, fissato nell’estate 2005. In due anni, i ghiacci del Polo Nord si sono ritirati per un’estensione grande quattro volte l’Italia. Quattro settimane fa, i turisti sono stati fatti evacuare dal Parco Nazionale Auyuittung, nell’Isola di Baffin, la grande isola del Nunavut canadese situata a occidente della Groenlandia, a causa dello scioglimento dei ghiacci: “Auyuittung”, in lingua inuit, significa “terra che non scioglie mai”… E’ di pochi giorni fa la vicenda dei nove orsi polari rimasti senza habitat e visti nuotare in mare aperto, seguita a breve da un immenso crollo nel ghiacciaio Petermann, in Groenlandia, in un’area che si riteneva ancora immune dagli effetti del global warming. Ma la simultanea apertura del Passaggio Nord Ovest, intorno al Canada, e del Passaggio Nord Est, intorno alla Russia, a costituire un vero e proprio choc. Non accadeva, secondo i climatologi, da almeno 125mila anni. Dall’inizio dell’ultima era glaciale erano rimasti entrambi bloccati: nel 2005 si era aperto solo il Passaggio Nord Est, l’estate seguente era accaduto il contrario. “I passaggi sono aperti, è un evento storico, ma con il quale dovremmo abituarci a convivere nei prossimi anni – ha confermato il professor Mark Serreze, uno specialista di mari ghiacciati del NSIDC, sottolineando però che le autorità marine dei Paesi interessati potrebbero essere riluttanti ad ammetterlo, per evitare di essere citate a giudizio dalle compagnie di navigazione, le cui imbarcazioni dovessero incontrare ghiaccio e subire danni”. Gli armatori però sono tutt’altro che disinteressati. Il “Beluga Group” di Brema, ad esempio, ha già fatto sapere che manderà navi dalla Germania al Giappone via Passaggio Nord Est, con un taglio netto di 4000 miglia nautiche, quasi 7.500 km, rispetto alla rotta tradizionale. E il premier canadese Stephen Harper ha già fatto sapere che chiunque volesse attraversare il Passaggio Nord Ovest dovrebbe fare riferimento ad Ottawa: un punto di vista, questo, che non piace agli Usa, che considerano quella parte di Artico acque internazionali. I climatologi però rimarcano che simili dispute potrebbero essere irrilevanti, se il ghiaccio continuasse a sciogliersi al ritmo attuale. In tal caso, infatti, sarebbe possibile navigare direttamente attraverso il Polo Nord, completamente liberato dai ghiacci. Evento questo, che fino a poco tempo fa si riteneva possibile che dal 2070. Ora, però, molti studiosi indicano il 2030 come l’anno entro il quale l’Oceano Artico sarà completamente fluido in estate, mentre uno studio del professor Wieslaw Maslowski, della Naval Postgraduate School di Monterey, California, arriva a concludere che già dal 2013 il mare sarà completamente aperto da metà luglio a metà settembre. Il “punto di rottura”, l’evento che ha ulteriormente accelerato il processo di scioglimento, è costituito dalla perdita-record di massa ghiacciata, dello scorso anno: le masse solide sono scese a un livello che non si attendeva fino al 2050, mandando all’aria tutti i calcoli prodotti fino a quel momento. Quest’anno è andata un po’ meglio, l’inverno è stato più freddo, e per un po’ è sembrato che i ghiacci potessero difendere meglio le loro posizioni. Ma in agosto lo scioglimento ha subito un’improvvisa accelerazione e la scorsa settimana la superficie globale dell’Artico ricoperto di bianco era già al di sotto del livello minimo del 2005. Secondo l’Agenzia spaziale europea (Esa), in qualche settimana anche il record del 2007 sarà battuto. Uno studio recente dell’Università dell’Alberta dimostra che lo spessore dei ghiacci artici si è assottigliato della metà in soli sei anni. Ed è un processo che alimenta se stesso, perché man mano che la superficie bianca viene rimpiazzata dal mare, la superficie di quest’ultimo, più scura, assorbe via via più calore, contribuendo a riscaldare l’oceano e a sciogliere altro ghiaccio.

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