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venerdì 8 luglio 2011

Roma, la mafia padrona
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di Antonio Turri*

Roma, la mafia padronaDa anni le direzioni distrettuali antimafia d'Italia sequestrano beni immobili, aziende e attività finanziarie a Roma e nel Lazio. L'ultimo sequestro operato dagli uomini della Dia romana alla 'ndrina dei Gallico, potente cosca di Palmi(Rc), rappresenta, anche dal punto di vista simbolico, l'ulteriore salto di qualità: dal Cafè de Paris in via Veneto, simbolo della dolce vita del potere economico, all'Antico Caffè Chigi, proprio davanti Palazzo Chigi, sede del Governo, simbolo del potere politico. Il Sindaco Alemanno, prima assertore di una Roma libera dalle mafie, corre ai ripari e si rende conto che negare l'evidenza non porta da nessuna parte. Anzi, il negazionismo è quello che auspicano i boss di casa nostra e quelli importati da anni a Roma capitale.

Sotto l'ombra del Cupolone ai capi di camorra, cosa nostra, 'ndrangheta e mafie autoctone sono stati confiscati oltre 290 beni immobili e altri centinaia sono stati assegnati definitivamente ai comuni nel resto del Lazio. Sono molti di più attualmente i beni nella fase del sequestro giudiziario, provvedimento quest'ultimo che anticipa la confisca definitiva. L'ennesimo sequestro alla 'ndrangheta, che da anni gusta cacio e pepe e acquista capi d'abbigliamento firmati a via Condotti, fa parte di un'operazione su un ingente patrimonio, disposto dal Tribunale della Capitale. La richiesta è partita dalla Procura Distrettuale Antimafia di Roma, per circa 20 milioni di euro intestati a personaggi legati alla 'ndrina dei Gallico di Palmi (Reggio Calabria), tutti residenti da anni nella regione Lazio e attivi su Roma, Ardea, Formello e Fiumicino.

Attivi alla luce del sole e non in incognita. Tutto ciò esplicita che i signori della mafia hanno ottenuto licenze commerciali, trattato con la pubblica amministrazione, avuto il supporto di professionisti locali nell'espletamento delle loro innumerevoli attività economiche. Il sequestro ha colpito non sconosciuti prestanome. Uno dei due personaggi coinvolto dal provvedimento giudiziario, che non svolgeva alcuna attività lavorativa, se non quella, a quanto pare, di riciclatore di danaro sporco, mentre era in compagnia di Alfonso Gallico, capo dell'omonima 'ndrina, era rimasto ferito in un agguato nel corso del quale era stato ucciso il boss. Altro particolare illuminante della vicenda è quello che tra le società sequestrate, oltre all' "Antico Caffè Chigi", vi è l' "Adonis" - holding del gruppo, con varie sedi a Roma tra le quali una prestigiosa e “vistosa” ai Parioli. L'ex autista e guardaspalle del boss assassinato a fronte dei modesti redditi dichiarati, ha effettuato operazioni finanziarie ed acquisti per decine di milioni di euro. Cosa possibile soprattutto nel nostro Paese dove non si vuole sentir parlare, almeno all'interno di settori della politica, di tracciabilità dei capitali investiti.

Tra i beni sequestrati alle 'ndrine capitoline si evidenzia per il valore simbolico un mega yacht, il "Feezy", ben visibile a chi frequenta i porti della regione. Tra le unità immobiliari spicca una principesca villa di 29 stanze a Formello (Rm), un salone di bellezza e un centinaio di rapporti bancari. Tutto a dimostrazione del fatto che i vari Gallico, Gallace, Alvaro, Schiavone e company non sentano il bisogno di nascondersi, tanto le loro società continueranno, senza sosta a condizionare i sub appalti nella costruzione della Salerno- Reggio Calabria e potranno acquistare cosi nuove maga ville e sempre più lunghi e accessoriati yacht. Anche quest'ultima vicenda di mafia che investe la Capitale è analizzata e descritta come un tentativo di infiltrazione dei clan nella regione e non come la prova del consolidamento della strategia di radicamento già, peraltro, abbondantemente riuscito. La verità, come si dice è cocciuta, e prima o poi mette davanti alla realtà dei fatti. E se la politica, tutta, non farà la sua parte tra alcuni mesi, per prendere un buon caffè nel centro di Roma, o mangiare qualcosa, senza dover lasciare un contributo economico alle cosche, bisognerà portarsi il tutto da casa. Le premesse,per quello che sembra una battuta, ci sono tutte.

Basta ricordare che sulle spiagge dorate dei Vip romani a Sabaudia e del Circeo, i locali già frequentati da Pasolini e Moravia sono acquistati o gestiti da personaggi coinvolti in processi di mafia. Per quanto riguarda il resto del litorale romano, da Nettuno a Ostia, sul tema di radicamento mafioso, queste poche righe si trasformerebbero in un centinaio di fascicoli processuali. Le mafie per molti continuano ad infiltrarsi nella Capitale e, per ammettere che si radicano e contaminano, forse bisognerà attendere che da Largo Chigi entrino direttamente a Palazzo Chigi...magari con dei prestanome.

*da www.liberainformazione.info

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